Il consigliere Assi: «Serve un intervento del governo per ridurre aliquote contributive alle aziende che non licenziano»
È assai probabile che il 17 agosto, al termine del blocco imposto dal decreto rilancio, si aprano le condizioni per un vero e proprio boom dei licenziamenti da parte delle aziende. È quanto prevede il Centro studi di Unimpresa secondo cui la situazione complessiva dell’occupazione, durante questa emergenza legata al Covid-19, è peggiore di quella di 10 anni fa: le ore di cassa integrazione usate nell’ultimo bimestre sono pari a 1,7 miliardi, da confrontare agli 1,3 miliardi di ore del 2010. Il congelamento dei licenziamenti prorogato dal decreto rilancio dal 17 maggio al 17 agosto 2020, si avvicina sempre più al capolinea e l’aspirina degli ammortizzatori sociali sta terminando i suoi tiepidi effetti, poiché si tratta di indennizzi pari a 4,2 euro l’ora peraltro pagati con ritardi di oltre tre mesi. «Occorre un intervento immediato del governo affinché vari un sistema di incentivi, con sgravi contributivi e riduzioni delle aliquote, destinati alle aziende che, pur tra mille difficoltà, decideranno di mantenere i rapporti di lavoro nonostante la fine degli ammortizzatori sociali e nonostante, soprattutto, il perdurare delle difficoltà economiche-finanziarie» commenta il consigliere nazionale di Unimpresa, Giovanni Assi.
Secondo il Centro studi di Unimpresa, nei prossimi mesi si apriranno due possibili scenari. Il primo è più ottimistico, esclude un ritorno del contagio, prevede un pil in calo del 9,2% quest’anno e un recupero del 4,8% nel 2021: in tale circostanza il numero degli occupati si ridurrebbe “solo” del 3,9% nel 2020. Nello scenario più avverso, invece, il pil potrebbe scendere addirittura del 13% con una conseguente riduzione degli occupati di oltre il 5%. «Si prospetta, pertanto, un autunno purtroppo caldissimo con la perdita di milioni di posti di lavoro subito dopo il 17 agosto. e tanto meno non può essere ipotizzabile una proroga del divieto di licenziamento nel momento in cui le risorse per gli ammortizzatori sociali sono evidentemente terminate e le cui condizioni come più volte denunciato sono al di sotto delle condizioni di dignità che la nostra Costituzione dovrebbe garantire ai nostri lavoratori» aggiunge Assi. Secondo il Consigliere di Unimpresa «servono misure a sostegno dell’occupazione che prevedano per le aziende che non licenziano per giustificato motivo oggettivo e comunque per cause inerenti alla crisi economica post Covid, una riduzione dell’aliquota contributiva ai propri dipendenti. Andrebbe quindi applicata, per un periodo di 12 mesi, l’aliquota in uso per gli apprendisti pari (mediamente) al 10% a carico dell’azienda ed al 5,84%a carico del lavoratore, dando così tanto alle aziende quanto ai lavoratori (ed alle loro famiglie) una boccata d’ossigeno. Queste agevolazioni, se si vuole evitare un tracollo degli occupati, devono giungere nell’immediato ed essere soprattutto da subito operative. Insomma, va seguita una strada diversa da quella intrapresa con l’agevolazione “Io lavoro” che avrebbe dovuto prevedere una decontribuzione totale per la quota dei contribuiti a carico del datore di lavoro per un periodo di 12 mesi per le nuove assunzioni di soggetti “svantaggiati”, ma che ancora oggi vede le aziende beffate: chi ha assunto confidando nello sgravio contributivo, si è poi visto costretto a versamenti pieni».