Indagini su grave attacco informatico a Leonardo S.p.a

All’esito di complesse attività d’indagine del Gruppo di lavoro sul cybercrime della Procura della
Repubblica di Napoli, volte a definire i contorni di un grave attacco alle strutture informatiche della
Divisione Aerostrutture e della Divisione Velivoli di Leonardo S.p.A., il C.N.A.I.P.I.C. del Servizio
centrale della Polizia postale e delle comunicazioni e il Compartimento campano del medesimo
servizio hanno eseguito due ordinanze applicative di misure cautelari nei confronti di un ex
dipendente e di un dirigente della predetta società, essendo gravemente indiziati, il primo, dei delitti
di accesso abusivo a sistema informatico, intercettazione illecita di comunicazioni telematiche e
trattamento illecito di dati personali (rispettivamente previsti dagli artt. 615-ter, commi 1, 2 e 3, 617-
quater, commi 1 e 4, c.p., e 167 d.lgs. 196/2003, in relazione all’art. 43 d.lgs. 51/2018) e, il secondo,
del delitto di depistaggio (art. 375, comma 1, lett. a e b, e 2, c.p.).
Al riguardo si comunica quanto segue.
Nel gennaio 2017 la struttura di cyber security di Leonardo S.p.A. segnalava un traffico di rete
anomalo, in uscita da alcune postazioni di lavoro dello stabilimento di Pomigliano D’Arco, generato
da un software artefatto denominato “cftmon.exe”, sconosciuto ai sistemi antivirus aziendali.
Il traffico anomalo risultava diretto verso una pagina web denominata
“www.fujinama.altervista.org”, di cui è stato richiesto e disposto, ed oggi eseguito, il sequestro
preventivo.
Secondo la prima denuncia di Leonardo S.p.A., l’anomalia informatica sarebbe stata circoscritta ad
un numero ristretto di postazioni e connotata da un’esfiltrazione di dati ritenuta non significativa.
Le successive indagini hanno ricostruito uno scenario ben più esteso e severo.
Infatti, le indagini hanno evidenziato che, per quasi due anni (tra maggio 2015 e gennaio 2017), le
strutture informatiche di Leonardo S.p.A. erano state colpite da un attacco informatico mirato e
persistente (noto come Advanced Persistent Threat o APT), poiché realizzato con installazione nei
sistemi, nelle reti e nelle macchine bersaglio, di un codice malevolo finalizzato alla creazione ed il
mantenimento di attivi canali di comunicazione idonei a consentire l’esfiltrazione silente di rilevanti
quantitativi di dati e informazioni classificati di rilevante valore aziendale.
In particolare, allo stato delle acquisizioni, risulta che tale grave attacco informatico è stato condotto
da un addetto alla gestione della sicurezza informatica della stessa Leonardo S.p.A., sig. Arturo
D’Elia, nei confronti del quale il G.I.P. del Tribunale di Napoli ha disposto la misura della custodia
cautelare in carcere.
È emerso, infatti, che il software malevolo – creato per finalità illecite delle quali è in corso la
compiuta ricostruzione – si comportava come un vero e proprio trojan di nuova ingegnerizzazione,

inoculato mediante l’inserimento di chiavette USB nei PC spiati, in grado così di avviarsi
automaticamente ad ogni esecuzione del sistema operativo.
Risultava dunque possibile all’hacker intercettare quanto digitato sulla tastiera delle postazioni
infettate e catturare i fotogrammi di ciò che risultava visualizzato sugli schermi (screen capturing).
Dati aziendali riservati dello stabilimento di Pomigliano D’Arco di Leonardo S.p.a. erano così di fatto
nel pieno controllo dell’attaccante, che, grazie alle proprie mansioni aziendali, era nel tempo in grado
di installare più versioni evolutive del malware, con capacità ed effetti sempre più invasivi e
penetranti.
Le indagini hanno permesso, infine, di ricostruire l’attività di antiforensic dell’attaccante, che
collegandosi al C&C (centro di comando e controllo) del sito web “fujinama”, dopo aver scaricato i
dati carpiti, cancellava da remoto ogni traccia sulle macchine compromesse.
L’attacco informatico così realizzato, secondo la ricostruzione operata dalla Polizia delle
Comunicazioni, è classificato come estremamente grave, in quanto la superficie dell’attacco ha
interessato ben 94 postazioni di lavoro, delle quali 33 collocate presso lo stabilimento aziendale di
Pomigliano D’Arco.
Su tali postazioni erano configurati molteplici profili utente in uso a dipendenti, anche con mansioni
dirigenziali, impegnati in attività d’impresa volta alla produzione di beni e servizi di carattere
strategico per la sicurezza e la difesa del Paese.
La gravità dell’incidente emerge anche dalla tipologia delle informazioni sottratte, tenuto conto che
dalle 33 macchine bersaglio ubicate a Pomigliano d’Arco risulterano, allo stato, esfiltrati 10 Giga di
dati, pari a circa 100.000 files, afferenti alla gestione amministrativo/contabile, all’impiego delle
risorse umane, all’approvvigionamento e alla distribuzione dei beni strumentali, nonché alla
progettazione di componenti di aeromobili civili e di velivoli militari destinati al mercato interno e
internazionale.
Accanto ai dati aziendali, sono state oggetto di captazione anche le credenziali di accesso ed altre
informazioni personali dei dipendenti della Leonardo.
Oltre alle postazioni informatiche dello stabilimento di Pomigliano D’Arco, sono state infettate 13
postazioni di una società del gruppo Alcatel, alle quali se ne sono aggiunte altre 48, in uso a soggetti
privati nonché ad aziende operanti nel settore della produzione aerospaziale.
Accanto agli accertamenti di natura informatica, sono state fondamentali le attività di indagine più
tradizionali, che hanno permesso anche di ricostruire il percorso di formazione “cybercriminale”
dell’indagato allo stato individuato come autore materiale dell’attacco, attualmente impiegato presso
altra società operante nel settore dell’elettronica informatica.
Ulteriori approfondimenti hanno consentito di raccogliere altresì convergenti indizi di colpevolezza
riguardanti la commissione del reato di depistaggio da parte del responsabile del C.E.R.T. (Cyber
Emergency Readiness Team) di Leonardo s.p.a., organismo deputato alla gestione degli attacchi
informatici subiti dall’azienda.
Nei confronti di quest’ultimo, sig. Antonio Rossi, è stata applicata la misura cautelare della custodia
domiciliare, risultando gravi indizi di colpevolezza con riferimento ad insidiose e reiterate attività di
inquinamento probatorio, finalizzate a dare una rappresentazione falsa e fuorviante della natura e
degli effetti dell’attacco informatico e ad ostacolare le indagini.

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