Oggi il calcio, non solo italiano, è in lutto per la scomparsa di uno dei suoi uomini rappresentativi, per genio e per passione. Proprio oggi, quando inizia la 122ª edizione della massima serie del campionato italiano di calcio, è morto ad Ascoli Piceno Carlo Mazzone, storico allenatore dell’Ascoli e di tante altre squadre.

Aveva 86 anni. Conosciuto come Sor Carletto, era il detentore di record di panchine in serie A: 792 quelle ufficiali, 797 considerando anche i cinque spareggi. Nel 2019 gli è stata intitolata la nuova tribuna Est dello stadio “Cino e Lillo Del Duca” di Ascoli Piceno, e nello stesso anno è stato inserito nella Hall of Fame del calcio italiano.

Scrive Alessandro Castellani sull’Ansa: “L’immagine della corsa sfrenata di Carlo Mazzone sotto la curva avversaria dopo un pari in Brescia-Atalanta, a sfogare la rabbia per gli insulti ricevuti, lo ha inseguito a dispetto di una carriera a schiena dritta, povera di risultati eclatanti ma ricca di riconoscimenti personali. Ma con la morte di Mazzone, se ne va il re dei tecnici di provincia, dove per provincia si intende il cuore del calcio italiano”

Castellani ricorda il film dell’ottobre 2022 a lui dedicato, dal titolo “Come un padre”. “Perché tutti conoscono il tecnico, ma pochi hanno conosciuto veramente l’uomo che c’era dietro e quanto sia stato importante per la carriera e la vita di gente come Totti, Baggio, Guardiola (che gli dedicò la vittoria della Champions del 2009), Materazzi, Toni, Pirlo e tanti altri. Di sicuro Mazzone non avrà vinto come altri suoi illustri colleghi, ma ha ottenuto il successo più grande: essere rimasto nel cuore di tutti, gente comune e addetti ai lavori, a prescindere dal tifo e dal colore delle maglie. Baggio nel suo contratto con il Brescia fece mettere una clausola che prevedeva l’interruzione dell’accordo con i lombardi qualora il tecnico romano fosse stato esonerato. E fu un suo gol per il 3-3 nel derby con l’Atalanta a scatenare quella corsa del tecnico furioso, spiegò poi, “per le offese fatte a mia madre, a Roma quelle parole sono una cosa molto grave”. In una scuola, quella italiana degli allenatori, che è una delle migliori del mondo, con gente come Rocco, Trapattoni, Sacchi, Lippi, Capello, Ranieri, Ancelotti, Conte ed Allegri, lui ‘romano de Roma’, e trasteverino, è il simbolo dei tecnici di provincia, termine che non lo hai fatto sentire minore di altri, anzi il contrario perché quell’Italia non da primissima pagina è sempre stata la sua forza”

 

Il suo nome resterà legato, più che nelle altre città dove pure lo hanno amato, ad Ascoli dove, da allenatore, regalò la prima storica promozione in Serie A alla squadra marchigiana, una delle prime in Italia a giocare un calcio totale ‘all’olandese’, come andava di moda in quegli anni ’70. “Come presidente aveva Costantino Rozzi – ricorda il cronista dell’Ansa -, altra indimenticabile icona di un calcio verace”.

La sua carriera da allenatore è durata quasi 40 anni, sulle panchine di Ascoli, Fiorentina, Catanzaro, Bologna, Lecce, Pescara, Cagliari, Roma (allenarla fu per lui un sogno realizzato), Napoli, Perugia, Brescia e Livorno.

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