E’ stato il primo dirottatore transoceanico della storia. Partito da Melito Irpino, in provincia di Avellino, quando aveva 14 anni, Raffaele ‘Ralph’ Minichiello si è trasferito negli Usa, a Seattle, e si è arruolato nei marines. Ha combattuto in Vietnam ma a un certo punto si è sentito tradito e maltrattato dall’esercito americano. E ha deciso di fargliela pagare. Come? Dirottando un aereo. E così, il 28 ottobre 1969 sale a bordo del Boeing 707 della Twa Los Angeles-San Francisco insieme ad altri 80 passeggeri e con un mitra a canna corta Plainfield e 350 proiettili nascosti nel borsone. Fu il più lungo dirottamento dell’aviazione civile che si concluse a Roma, senza sparare un colpo (tranne uno, partito per sbaglio). In realtà la sua è stata un’azione solo dimostrativa, non ha torto un capello a nessuno e alla fine la pena è stata leggera: in compenso, Minichiello è diventato un personaggio famoso. Ora ha 74 anni, spesso torna in Italia e ogni tanto nel suo paese natale a 50 chilometri da Avellino: l’ultima volta, di recente, il sindaco Michele Spinazzola gli ha conferito un riconoscimento. Il marines Minichello, a chi gli chiede della guerra in Ucraina, dice oggi che “tutte le guerre sono sporche. E inutili. La guerra è fatica, sangue, dolore, spegne le vite e distrugge quelle che sopravvivono”. Riguardo al dirottamento ammette: “Ho sbagliato, è stato un comportamento criminale ed esagerato. Ho difeso i miei diritti nel peggiore dei modi. Non è una giustificazione, ma forse mi ha segnato il fatto di aver dovuto sempre combattere per sopravvivere”. Uno dei suoi crucci è quello di essere ancora nella black list degli aeroporti italiani: “Sono sottoposto a ore di attesa prima di imbarcarmi o scendere a terra. Con il risultato di perdere gli aerei e spesso anche i bagagli. Credo che dovrò rivolgermi alla Corte europea per i diritti dell’uomo”. Ma ora “basta aerei, la mia vera passione è guidare i trattori”, magari qui, ad Avellino.