Sono stimati in 281 milioni i migranti internazionali nel 2021, ovvero il 3,6% della popolazione mondiale (a fronte di 272 milioni nel 2019). Quasi due terzi si sono spostati per ragioni di lavoro. È quanto emerge dal XXXII Rapporto Immigrazione 2023 di Caritas Italiana e Fondazione Migrantes presentato oggi a Roma.

Poco più di 5 milioni sono in Italia: al 1° gennaio 2023, infatti, le stime dell’Istat indicano la presenza di 5.050.257 cittadini stranieri residenti in Italia, in lieve aumento rispetto ai dati definitivi riferiti all’anno precedente (5.030.716). Quanto alla distribuzione territoriale, continua a prevalere l’inserimento nel Nord Italia (59,1% dei residenti totali): nelle regioni occidentali risiede il 34,3% e in quelle orientali il 24,8%; seguono Centro (24,5%), Sud (11,7%) e Isole (4,6%).

La Lombardia si conferma la regione più attrattiva: da sola conta il 23,1% della popolazione straniera residente in Italia; in seconda posizione si trova il Lazio (12,2%) e, di seguito, l’Emilia-Romagna (10,9%), il Veneto (9,8%) e il Piemonte (8,2%).

Quanto alle principali nazionalità, oltre alla consolidata prima posizione dei cittadini rumeni, che rappresentano 1 straniero su 5 fra i residenti in Italia, e alle successive seconda e terza posizione dei cittadini marocchini e albanesi (che si attestano all’8,4% e all’8,3% del totale), si nota sempre più un avvicendamento delle provenienze asiatiche (del Sud Est, in particolare) rispetto a quelle africane – come la tunisina, la senegalese, la nigeriana, non più presenti nella graduatoria dei primi dieci Paesi. Inoltre, anche fra le provenienze asiatiche, quelle di più storica presenza (come Cina e Filippine), sono in decremento, mentre quelle di più recente arrivo (come Bangladesh e Pakistan) stanno consolidando sempre più il loro percorso migratorio in Italia.

I nuovi nati stranieri dal 2012 al 2021 sono diminuiti del 28,7%, passando da quasi 80 mila a meno di 57 mila. Dopo i picchi di crescita registrati nel primo decennio del 2000 (+45,2% fra il 2003 e il 2004, +22,3% fra il 1999 e il 2000) è ormai da un decennio che il numero di nuovi nati stranieri diminuisce costantemente e sempre più (-5% negli ultimi due anni).

Il maggior numero di nuovi nati è rumeno (19,4%), seguito da marocchini (13,3%) e albanesi (11,8%).

Le acquisizioni di cittadinanza, pur avendo raggiunto la soglia del milione negli ultimi 6 anni, sono in progressiva diminuzione, e solo fra il 2020 e il 2021 sono scese del 7,5%. Un’acquisizione su cinque è appannaggio dell’Albania, seguita dal Marocco. Significativa è la terza posizione occupata dal Bangladesh, che assomma il 4,7% delle acquisizioni totali, o la quarta e la quinta, in cui troviamo rispettivamente l’India e il Pakistan: segno di nuove tendenze, spesso sottovalutate.

LAVORO: LE DINAMICHE OCCUPAZIONALI DEI LAVORATORI STRANIERI

Le ultime tendenze del mercato occupazionale in Italia (primo trimestre 2023) evidenziano una fase di ripresa che è in atto ormai da 8 trimestri. Fra il 2021 e il 2022 gli occupati sono cresciuti del 2,4% e complessivamente si sono ridotti sia il tasso di disoccupazione (-14,3%) che di inattività (-3,6%). Per quanto riguarda i lavoratori stranieri, per quelli non-Ue il tasso di occupazione si è attestato su valori leggermente inferiori alla media (59,2% contro il 60,1%), quello di attività ha subito un leggero aumento (+0,6%) e il tasso di disoccupazione si allinea, nella flessione, alla media complessiva. L’aumento occupazionale più marcato si è avuto nel settore del Turismo e ristorazione (+16,8% e +35,7% per la compagine di lavoratori non Ue) e nelle Costruzioni (+8,4%, che sale al +13,8% per i lavoratori non-Ue); tuttavia la maggiore incidenza di lavoratori stranieri nel 2022 si registra nel settore dell’Agricoltura (39,2% del totale), seguita dalle Costruzioni (30,1%) e dall’Industria in senso stretto (22,1%). Quanto alle tipologie contrattuali, l’87% degli occupati stranieri è un lavoratore dipendente e il restante 12,9% ha un contratto di lavoro autonomo.

Le nazionalità che hanno conosciuto un aumento occupazionale più sostenuto fra il 2021 e il 2022 sono state l’albanese, la marocchina e la cinese (fra il +17,7% e il +7,1%). Vi sono tuttavia nazionalità che mantengono, al di là dell’aumento annuale, un tasso occupazionale più elevato della media non-Ue (59,2%): la filippina, la peruviana, la cinese, l’ucraina (tutte con valori intorno al 65%); mentre più basso è quello dei cittadini del Marocco, della Nigeria e del Pakistan.

Il 75,2% degli occupati non-Ue svolge la professione di operaio (contro il 31,6% degli italiani); mentre solo 1 su 10 è un impiegato e appena lo 0,1% è dirigente. Quanto al livello d’istruzione, la forza lavoro straniera risulta mediamente meno istruita rispetto all’autoctona, prevalendo quelli con un livello “al più secondario inferiore”; mentre i laureati sono appena il 10,6% del relativo totale (è il 25,8% per gli italiani). Su questo dato pesa, però, anche il fenomeno della sovra-qualificazione, ovvero lo scarto esistente fra il titolo posseduto e le mansioni ricoperte.

Fra le difficoltà principali che i lavoratori stranieri riportano nel trovare un lavoro in Italia vengono indicate “la scarsa conoscenza della lingua italiana”, “discriminazioni dovute all’origine straniera”, “mancanza del permesso di soggiorno o della cittadinanza”, ovvero il “mancato riconoscimento del titolo di studio conseguito all’estero”. Considerando l’anno 2022, il numero di imprese individuali che hanno come titolare un cittadino non comunitario – complessivamente 390.511, pari al 12,8% del totale – è in contrazione di circa 3 mila unità, -0,8% rispetto al 2021. Per quanto riguarda la situazione occupazionale dei cittadini ucraini, in totale le attivazioni collegate alla titolarità di un permesso legato a una forma di protezione sono state poco più di 22 mila, mentre quelle che complessivamente hanno riguardato cittadini ucraini sono state 113.169, segnando un +38,7% dal 2021.

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