Affitti brevi, la tassa sale al 26%

Le ipotesi su nuove determinazioni sul fronte degli affitti brevi erano nell’aria da tempo. Alla fine è arrivata la giornata fitta di novità.

A cominciare dal cambio del regime fiscale, previsto da una bozza della manovra, con l’aumento della cedolare secca e della ritenuta d’acconto per i canoni di locazione, che passano dal 21% al 26%. Aumento che scatena le critiche di Iv (“tassano la casa degli italiani”), Confedilizia (“l’incremento di quasi il 30% creerà elusione della norma e crescita del sommerso. Il governo ci ripensi”) e Aigab (“equivale a 850 euro di tasse in più per 600 mila famiglie”).

Sulla vexata quaestio il ministero del Turismo sta lavorando da vari mesi con un provvedimento, di cui sono uscite bozze che hanno fatto scaldare sia le associazioni del settore immobiliare e turistico che gli albergatori. La titolare del dicastero Daniela Santanchè assicura misure a breve: “Sugli affitti brevi c’è un Far West. Vedrete che a breve, assieme e coordinandoci con i sindaci delle città metropolitane e con tutti gli assessori del turismo, arriveremo a una definizione. È un settore che ha bisogno di regolamentazione tenendo presente che per noi la proprietà privata è sacra, e quindi non criminalizzeremo, ma regoleremo”. Alla domanda se questo avverrà con un ddl ribatte: “Lo vedremo”.

L’altra grande novità è la sentenza del Consiglio di Stato che recepisce le indicazioni della Corte di Giustizia dell’Unione Europea e ribadisce che i portali di prenotazione devono riscuotere e versare allo Stato la cedolare secca sugli affitti brevi. “Airbnb – reagisce la piattaforma in una nota – ha sempre inteso collaborare con le autorità in materia fiscale e supporta il corretto pagamento delle imposte degli host applicando la normativa europea di riferimento sulla rendicontazione. Stiamo analizzando la sentenza e valutando le iniziative più opportune”. Plaude Federalberghi: “Confidiamo che il pronunciamento metta la parola fine a una telenovela che si trascina da più di 6 anni, durante i quali Airbnb si è appigliato a ogni cavillo pur di non rispettare le leggi dello Stato”. Vittorio Messina, presidente di Assohotel Confesercenti, spiega: “Sono anni che denunciamo la sperequazione evidente, in termini di oneri fiscali, normativi e quant’altro che esiste tra le diverse forme di ricettività”. Secondo i calcoli di Federalberghi il Comune con più alloggi disponibili su Airbnb è Roma, con 27.389 annunci, seguito da Milano (23.656), Firenze (12.117), Napoli (9.353), Venezia (8.130).

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