Pane al pane, vino al vino. La storia criminale di Antonio Bardellino affonda radici nel passato. Fino a tornare di attualità nel panorama mafioso in Campania. Il fantasma sparito nel nulla. Il boss dalla morte presunta, stabilita dal Tribunale Napoli Nord attraverso una sentenza nel 2018 su richiesta dei parenti 30 anni dopo la morte ufficiale avvenuta a Buzios, località situata nei pressi di Rio de Janeiro in Brasile nel maggio 1988. Fra morte ufficiale e morte presunta c’è di mezzo un mondo fatto di ombre, sospetti e storie da riscrivere. Secondo la ricostruzione ufficiale del maxi processo Spartacus Bardellino è stato ucciso in Sud America per mano di Mario Iovine, arrivato lì accompagnato da un tassista di San Paolo, con una martellata al cranio. Ma il corpo non è stato mai ritrovato. Una storia nella storia. Un racconto che non smette di generare discussioni sul mondo criminale casertano. A tal punto che a margine degli avvenimenti degli ultimi anni, come ad esempio l’agguato al nipote Gustavo Bardellino nei pressi di una autoconcessionaria a Formia, la Dda s’interroga su una domanda che in molti si pongono: che fine ha fatto Antonio Bardellino? E’ realmente morto?
O trovò un accordo coi giovani rampolli dell’epoca (Schiavone, Bidognetti, Iovine, Zagaria) per non essere ammazzato in cambio della successione alla guida del clan? Misteri su misteri. Quello che è certo è che il vecchio boss di San Cipriano cambiò per sempre il metodo criminale negli anni Settanta della mafia campana. Avete capito bene. Mafia e non camorra. Perché per Terra di Lavoro la differenza in termini criminali è un’identità da salvaguardare. Bardellino capì da subito che la criminalità doveva abbandonare estorsioni a politici e imprenditori se voleva garantirsi il futuro. E decise di fondare il clan dei Casalesi pensando a una vera e propria holding mafiosa. In altre parole utilizzò i soldi provenienti dalle attività criminali per riciclarle in alberghi, quote societarie, ristoranti, aziende e complessi residenziali. Nel giro di qualche anno il clan dei Casalesi diventò fra i cartelli mafiosi più potenti al mondo. Capace di guadagnare miliardi di euro nascosti tuttora chissà in quale parte del pianeta. Oltre ad avere grandi capacità imprenditoriali, Bardellino preferiva adottare strategie per raggiungere il potere. Non amava le carneficine. Non condivideva le faide di camorra. Ed anche per questo suo rifiuto della guerriglia, Bardellino è stato probabilmente il leader mafioso più temuto e rispettato in Campania per oltre un decennio.
Indubbiamente a contribuire il rafforzamento del suo dominio fu la vittoria della Nuova Famiglia, ovvero l’alleanza di tutte le strutture criminali “anti Cutolo”, contro la Nco del boss di Ottaviano. Un lungo strapotere criminale che non ha conosciuto ostacoli fino alla fine degli anni Ottanta. Da allora sono trascorsi 35 anni. Un tempo lunghissimo durante il quale i “nuovi” Casalesi (gli stessi citati prima che erano alla corte di Bardellino da giovani rampolli) hanno continuato a generare sangue, soldi e terrore. Ora la domanda sorge spontanea. Il clan è stato decimato dagli arresti eccellenti di questi anni. Il che ha generato almeno in termini di leadership un vuoto criminale. Chi lo colmerà? Chi subentrerà per riorganizzare il controllo del territorio? Se la storia fa giri immensi e poi ritorna …