L’uscita dal lavoro dei babyboomer che hanno raggiunto l’età della pensione potrebbe creare un buco di 100 mila lavoratori all’anno, in Italia, fino al 2030. Sono le previsioni di una nota di Prometeia che studia gli effetti del declino della popolazione sul mercato del lavoro, ‘Population decline and labour market mismatch in Italy’. Secondo questa analisi, il paese dovrà sostituire circa 500 mila lavoratori l’anno che andranno in pensione in questo decennio e le coorti più giovani, che sono numericamente più esigue di quelle nate tra gli anni 50 e i primi anni 60, potrebbero coprire circa 400 mila posti, anche se avessero tassi di occupazione in linea con le migliori pratiche europee. A complicare il quadro, i circa 2 milioni di disoccupati in cerca di impiego e gli inattivi spesso non hanno le competenze richieste dalle aziende. Prometeia sottolinea quindi l’urgenza di un coordinamento molto più stretto tra le necessità delle imprese, le politiche sulla formazione e sull’immigrazione, l’apprendimento continuo e le istituzioni a supporto dell’impiego.

Secondo l’analisi queste tensioni sul mercato del lavoro rischiano di essere esacerbate dal fabbisogno di personale per l’attuazione del Pnrr e, più a medio termine, dalla necessità di manodopera per la doppia transizione, digitale ed ecologica. Gli impieghi nei quali il saldo tra le entrate e le uscite di lavoratori è più negativo sono, secondo Prometeia, soprattutto quelli poco qualificati dove si concentra gran parte dei pensionandi. Per i posti più qualificati, invece, il livello più elevato di formazione delle nuove generazioni rispetto a quelle precedenti permetterebbe di colmare tutte le posizioni che si renderanno disponibili. Lo studio osserva anche una differenza di genere con la maggior parte degli occupati a fine carriera che sono uomini. Il saldo negativo di lavoratori maschi potrebbe aggravarsi anno dopo anno da 56 mila persone del 2023 alle oltre 110 mila dei 2030. Anche per le donne il bilancio ha il segno meno ed è atteso peggiorare, passando dalle 20 mila lavoratrici di quest’anno alle 50 mila del 2030.

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