Il femminicidio di una madre “si conclude con l’intervento delle forze dell’ordine e poi la condanna del responsabile. Ma ci sono anche vittime a volte invisibili, che passano in secondo piano, i figli orfani”. Questo il quadro delineato dal capitano Giovanni Spadoni, del comando provinciale dei Carabinieri di Napoli e referente della rete provinciale di Napoli che si occupa del monitoraggio della violenza di genere. I bambini sono “vittime che hanno ancora più bisogno di assistenza e l’incontro di oggi porta proprio a sensibilizzare e far funzionare gli strumenti che ci sono, visto che anche noi Carabinieri abbiamo una formazione dell’operatore che per primo interviene e che deve subito occuparsi della vittima secondaria, dei figli. Chi è in secondo piano il giorno del femminicidio in realtà merita la stessa importanza”. I carabinieri sottolineano la forte collaborazione con la procura dei minori “utile per studiare – spiega Spadoni – il contesto familiare degli orfani perché non siano lasciati soli in un contesto non adeguato”.
La tavola rotonda di ieri organizzata dalla cooperativa sociale Irene 95 e dal consorzio Co.Re. in collaborazione con il Comune di Napoli e Cnca (coordinamento nazionale comunità di accoglienza) nell’ambito del progetto Respiro (Rete di Sostegno per Percorsi di Inclusione e Resilienza con gli Orfani Speciali) ha ascoltato il lavoro portato avanti da Maria de Luzenberger, procuratrice della Repubblica presso il tribunale per i minorenni di Napoli, che ha sottolineato come in molti paesi esistano delle agenzie per queste vittime minorenni, cosa che manca in Italia: “Ci sono anche delle case protette – ha detto – in cui vengono portate le vittime minori, ed è che lì vanno tutti, dalle forze dell’ordine ai magistrati agli assistenti sociali. Non è più il bambino che si sposta in continuazione ma sono gli altri che vanno da loro. Bisogna però anche rivendicare la particolarità di ogni caso che va studiato singolarmente. Ci vuole un percorso condiviso, è vero, ma che lasci la possibilità di essere modulato ogni volta, perché ogni caso giudiziario è diverso dall’altro. Gli orfani speciali sono vittime speciali perché hanno bisogno di attenzioni speciali. Spesso si tratta di bambini che sono già vittime di anni di maltrattamenti, ma quando si fa il processo alla fine si procede solo per l’omicidio”. Di necessità d standardizzare una procedura, velocizzarla e operare in maniera più diretta ha parlato Nunzia Brancato, dirigente divisione anticrimine della Questura di Napoli: “Non c’è ancora un protocollo che ci consente di entrare nell’immediatezza del delitto, per questo stiamo lavorando con la Procura. Nel frattempo ci siamo strutturati per pensare alle vittime in quanto tali. Ogni caso è un caso a sé e porta con sé una violenza speciale. Per questo è un bene avere degli schemi predefiniti, una preparazione di base, perché può aiutare a conoscere un contesto che si può replicare anche se non si può dare mai per scontato niente. È chiaro che però non sono la figura di riferimento che interviene nell’immediato, io sono un link, un anello di collegamento. Ho bisogno del filtro dei servizi sociali, degli enti comunali. Per questo serve sicuramente una struttura di raccordo”.