Costi di produzione più bassi nel bacino nord e una migliore resa agricola media nel bacino sud, al netto di evidenti differenze strutturali in termini di dimensioni delle aziende agricole e caratteristiche dei terreni di coltivazione. E’ quanto emerge dall’analisi economica del processo produttivo del pomodoro da industria effettuata dal Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (Crea) e occasione di dibattito nell’ambito dell’annuale assemblea pubblica, Il Filo Rosso del Pomodoro, organizzata dall’Associazione Nazionale Industriali Conserve Alimentari Vegetali (Anicav) e che si è svolta oggi a Napoli. Lo studio sulle caratteristiche strutturali e dei costi di produzione del campione si è focalizzato sui due distretti produttivi per un totale di 552 aziende che hanno coltivato pomodoro nel triennio 2019-2021. Tra le prime differenze tra i due bacini produttivi si registrano le dimensioni economiche. Nel bacino nord il 95% delle aziende che coltivano pomodoro sono grandi e medio-grandi (con un fatturato da 100.000 ad oltre 500.000 euro), mentre nel bacino sud la percentuale scende al 64%. Per quanto riguarda la proprietà delle superfici messe a coltura, nel bacino nord prevale l’affitto (in quasi il 60% dei casi), viceversa al sud c’è una prevalenza della proprietà (quasi il 50% contro il 44% in affitto). Differenze anche in termini di volumi di produzione: nel Distretto Nord si rileva una distribuzione piuttosto omogenea tra le diverse classi di produzione, da meno di 500 a oltre 3000 tonnellate di prodotto. Nel bacino sud prevalgono nettamente (oltre il 65%) le aziende che producono meno di 500 tonnellate di prodotto. Notevoli differenze anche per quanto riguarda la resa e i costi di produzione. In media, nel bacino sud la resa è significativamente migliore rispetto al bacino nord: 878 q/Ha del sud contro i 696 q/Ha del nord. Relativamente alla ripartizione dei costi di produzione il quadro è abbastanza omogeneo e le varie voci hanno più o meno lo stesso peso nel conto finale.