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Dai Cinque Stelle al terzo mandato: ecco come De Luca prova a scalare il Pd

L’ha detto e ribadito più volte. Ed ora non è un mistero ma una vera e propria proposta politica. Vincenzo De Luca lancia l’alleanza col M5s. Sono lontani i tempi in cui l’ex sindaco di Salerno lanciava grandi accuse ai grillini. Soprattutto quando costoro soffiavano sul fuoco dell’antipolitica. Ora, complice la svolta a sinistra di Conte (basta dare un’occhiata ai temi con cui si sta caratterizzando l’avvocato di Volturara Appula), il governatore della Regione Campania vuole l’abbraccio pentastellato. E lo ripete ovunque. L’ultima volta l’ha rimarcato a chiare lettere alla festa del Riformista. Con Renzi in prima fila. Ovvero non proprio la cornice ideale per ricevere applausi. A tal punto che secondo alcune indiscrezioni trapelate dagli ambienti renziani il senatore fiorentino è rimasto letteralmente spiazzato (e non c’è bisogno di spiegare il perché) dalle parole del governatore campano.

Ma andiamo avanti. La domanda che in molti si pongono resta la stessa. Da cosa nasce il ripensamento di De Luca? Proviamo a ragionare nel merito. Punto primo. De Luca punta al terzo mandato. E necessita della più ampia alleanza possibile. Da Azione ai Cinque Stelle. Passando per Pd, Italia Viva e liste civiche di riflesso del mondo moderato. Ma soprattutto De Luca ha capito che da quando Conte è al timone della nave, i Cinque Stelle si stanno trasformando in un partito di sinistra. E non è un caso che nel primo anno l’unica vera proposta di sinistra arrivata in Parlamento, alimentando peraltro una discussione politica in Italia e nel Governo (a tal punto da “attivare” il CNEL) è il salario minimo. Primo firmatario? Giuseppe Conte. Pane al pane, vino al vino. Di questo passo l’ex premier pugliese sarà obbligato a generare un processo di radicamento del partito per ribaltare l’allergia alle preferenze sui territori. Anche perché non è più rinviabile il ragionamento per cui una forza politica al 20%  ottenga briciole da prefisso telefonico alle Amministrative.

Punto secondo. De Luca punta alla guida del Pd nazionale. Inutile girarci intorno. Pure perché appare esagerato che un Presidente di Regione, se davvero vuol limitarsi ai confini regionali, accenda una discussione nel Paese mettendo sotto accusa la segretaria nazionale e la gestione del partito. In parole povere, se De Luca punta solo alla Campania perché accusa un giorno sì e l’altro pure Elly Schlein? Anche qui lasciamo a voi le giuste considerazioni. Punto terzo. De Luca in tutte le sue uscite pubbliche non ha mai smentito o chiuso l’ipotesi della candidatura alla guida  del Pd. Mai e poi mai. Sfidiamo chi legge in questo momento a trovare una sola dichiarazione che vada in direzione opposta. Ma non è tutto. Come fa De Luca a fare il segretario del Pd e il governatore regionale? Proprio come ha fatto Nicola Zingaretti qualche anno fa. Quarto punto. Il rapporto con Renzi è decisivo. Non è un mistero che l’ex sindaco di Firenze controlli una parte del Pd. O meglio, i riformisti del Pd confluiti in Energia Popolare, la corrente guidata dal Presidente dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini. Al momento non vogliamo “scomodare” l’operazione di riportare in edicola L’Unità con Piero Sansonetti direttore e Alfredo Romeo editore (stesso editore del Riformista di cui Renzi è direttore). Qualora il Pd dovesse naufragare all’indomani delle Europee, Schlein sarebbe messa in discussione il giorno dopo da gran parte del Pd. Compresi i riformisti dem. E quale miglior occasione per De Luca? Si ritroverebbe ad affrontare il congresso col sostegno di una fetta importante del Pd guidata dal collega Bonaccini (e da Renzi che da segretario del Pd designò proprio Bonaccini alla guida della rossa Emilia). Chi vivrà vedrà. Ma a giudicare dai fatti di queste settimane l’orizzonte appare sempre più chiaro. Dalla Campania al Nazareno il passo è breve.

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