Tanto tuonò che piovve. Nella fase di degenerazione della politica tutto è possibile. Perfino snaturarsi per tornare. Ed è ciò che è accaduto alle ultime elezioni per il rinnovo del consiglio provinciale di Caserta. Il centro guidato dal duo Zannini-Bosco ottiene quasi il 50% dell’assise. O meglio. Un centro slegato da logiche prettamente di partito e che controlla militarmente i territori. Segue passo dopo passo gli amministratori. Garantisce una crescita politica e aiuta i sindaci a cambiare il volto alle proprie città. Io vengo da un piccolo paese di Napoli Nord e so cosa vuol dire il rifiuto della politica. Una roba che nemmeno i Cinque Stelle hanno saputo sconfiggere. Probabilmente perché in questa fase il cittadino vuole risposte chiare e concrete. E preferibilmente evitando chiacchiere e voli pindarici capaci di illudere generazioni come la mia.
Pure perché se a un giovane o a un consigliere comunale impegnato nella sua comunità togli la bellezza della politica e la sostituisci con promesse “da marinaio” nessuno si lamenti se la gente diserta le urne. Illudere il popolo non va più di moda. Parallelamente mi preme sottolineare un aspetto. A dirvi la verità non condivido del tutto la dichiarazione di Zannini quando sostiene che non gli interessano i partiti. È pur vero che la funzione dei partiti oggi è pressoché inesistente. Ma è anche vero che il primato della politica, compresa la tutela dei propri territori di cui il consigliere di Mondragone si fa carico, non può tornare senza la riscoperta del partito. Ma in questo momento è un tema secondario rispetto ai fatti. Restando in Terra di Lavoro, il centro targato Zannini-Bosco è un risultato che può e deve far riflettere l’intera classe politica campana.
A onor di cronaca va sottolineato, oltre che del successo zanniniano, anche l’ottimo risultato raggiunto dallo stesso Luigi Bosco, oramai leader incontrastato di Azione in provincia di Caserta, che piazza in consiglio provinciale il vicesindaco di Cellole Giovanni Iovino con 5400 voti ponderati. Facendo un rapido calcolo si attesta attorno al 6%. Quasi il doppio della media nazionale del partito di Carlo Calenda. Piccola parentesi. Andate a dare uno sguardo ai risultati di Azione nelle altre province al voto. Salerno e Avellino non hanno espresso seggi in assise. A Benevento addirittura i calendiani non hanno presentano nemmeno la lista. Chi vuol capire, capisca. Dunque l’exploit centrista con 8 seggi in consiglio provinciale si conferma la prima forza politica in Terra di Lavoro.
Capitolo Pd. La scelta della commissaria Susanna Camusso legata a non ricandidare i consiglieri uscenti si conferma un vero e proprio harakiri. Mi spiegate come si fa a non ricandidare esponenti che negli anni hanno utilizzato il proprio ruolo per crescere e far crescere le proprie aree di provenienza? La collocazione in consiglio invece è altra cosa e possiamo discuterne quanto volete. Ma il libro mai scritto della politica parla chiaro. L’uscente è sempre ricandidato. Oltre al fatto che il Pd sembra diventato una congrega di monaci benedettini. Un partito non scalabile e vittima di una classe dirigente che non permette la crescita dei propri militanti. L’esatto opposto di ciò che il centro tenta di fare. Magari con tutti i limiti del caso. Ma è una realtà organizzata con una rete elettorale vasta e collaudata. Ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Infine vi lancio una piccola provocazione. Scommettete che i candidati nella lista Zannini-Bosco non si rivedono nei partiti attuali? Napoli e provincia prendano esempio da chi sgomita anziché parlare a vuoto. Anche qui chi vuole capire capisca.