Grazie alla più completa ricostruzione effettuata finora dei suoi cromosomi, è stata ricostruita con grande dettaglio la storia genetica del caffè Arabica, la specie responsabile di oltre il 60% della produzione globale di caffè. Il risultato, pubblicato sulla rivista Nature Communications, arriva dal gruppo internazionale guidato dall’azienda biotecnologica IGA Technology Services e dall’Istituto di Genomica Applicata di Udine, con l’importante contributo dell’Università di Udine, dell’Università di Verona e delle aziende illycaffè di Trieste e Lavazza Group di Torino. Le informazioni ottenute potrebbero aiutare a sviluppare nuove varietà di caffè più resistenti alle malattie o con aromi diversi. Il caffè commerciale deriva principalmente dalla miscela di due specie: Coffea canephora, conosciuta come Robusta, e Coffea arabica. “Rispetto ad altre forme coltivate di caffè, Arabica è una specie il cui genoma si è formato in tempi relativamente recenti in Africa dall’unione di due specie: un antenato dell’attuale caffè Robusta e un’altra specie strettamente imparentata, la Coffea eugeniodes”, dice all’ANSA Gabriele Di Gaspero dell’Istituto di Genomica Applicata, coordinatore insieme a Michele Morgante dello studio che vede come primi firmatari Simone Scalabrin, Gabriele Magris e Mario Liva. “Possiede quindi 4 copie per ciascuno degli 11 cromosomi che costituiscono il suo genoma, invece delle 2 copie che si ritrovano in ciascuno dei suoi progenitori”: ciò rende molto più complessa l’interpretazione e l’analisi dei dati.
I ricercatori hanno utilizzato le più recenti tecnologie di sequenziamento genico per assemblare una ‘mappa’ molto più completa dei cromosomi del caffè Arabica. I risultati evidenziano in primo luogo una diversità genetica molto bassa per questa specie. “Derivando da un unico evento di ibridazione, la poca diversità che si osserva è dovuta solo a mutazioni che si sono accumulate a partire da quel primo individuo – continua Di Gaspero – mentre la diversità ancestrale presente nelle specie progenitrici è rimasta confinata a loro”. I dati hanno però rivelato anche numerose mutazioni cromosomiche recenti, come parti mancanti o, al contrario, presenti in quantità doppia, oppure regioni che si sono traferite in un’altra posizione. Questi eventi sono importanti perché potrebbero rappresentare una fonte fondamentale di variazione genetica. “In una specie con così poca diversità naturale – aggiunge il ricercatore Gabriele Di Gaspero – quando si propaga il caffè per seme per ottenere le piantine da utilizzare in nuove piantagioni, si genera frequentemente variabilità per effetto di alterazioni naturali nel numero di copie cromosomiche. Questa è una condizione che Arabica tollera bene, perché possiede copie soprannumerarie per ciascun cromosoma – conclude il ricercatore – e può essere il motore per la comparsa di nuove varietà”.