Per la prima volta il fegato di un maiale geneticamente modificato è stato collegato esternamente a un essere umano per filtrare il sangue. La tecnica, sperimentata per tre giorni presso l’Università della Pennsylvania, su una persona in condizione di morte cerebrale. L’obiettivo è aiutare temporaneamente le persone con insufficienza epatica che sono in attesa del trapianto. Gli xenotrapianti, ossia il trapianto negli esseri umani di organi di specie animali comportano ancora una serie di gravi difficoltà principalmente a causa del rigetto, ossia l’aggressione da parte del sistema immunitario umano nei confronti del nuovo organo. Per aggirare in parte il problema, i ricercatori, con la collaborazione delle aziende biotech eGenesis e OrganOx, hanno modificato geneticamente un fegato di maiale, intervenendo in particolare nell’eliminare i virus suini e nel mascherare le proteine della superficie cellulare per renderle più simili a quelle umane. Infine, per ridurre ulteriormente il rischio di rigetto, i ricercatori hanno collegato il fegato, posto in un macchinario fuori dal corpo. Il test è stato eseguito con successo per tre giorni su un paziente in stato di morte cerebrale, il cui flusso sanguigno è stato deviato verso la macchina. I parametri hanno indicato che il paziente ha risposto correttamente senza attivare un rigetto, meccanismo che richiede un lasso di tempo generalmente maggiore, e che l’organo esterno ha lavorato correttamente. I ricercatori hanno detto che la tecnica verrà ora testata su altri pazienti, sempre in condizione di morte cerebrale, con problemi epatici e fino a 7 giorni. In caso positivo la nuova tecnica potrebbe rivelarsi un’importante terapia provvisoria per le migliaia di persone che ogni anno sono in attesa di un trapianto.