Dal 1980 danni dal clima per 111 miliardi in Italia

Tra il 1980 e il 2022, i cambiamenti climatici hanno prodotto danni in Italia per 111 miliardi: 57,1 miliardi di euro per alluvioni, 30,6 miliardi per ondate di calore, 15,2 miliardi di euro per le precipitazioni, 8,2 miliardi per siccità, incendi boschivi e ondate di freddo. Lo rivela il Focus Censis-Confcooperative “Disastri e climate change, conto salato per l’Italia”. I disastri come terremoti, eruzioni, frane e altri fenomeni geofisici hanno fatto danni per poco meno di 100 miliardi. Complessivamente, le perdite economiche causate da eventi estremi e da disastri naturali fra il 1980 e il 2022 si attestano sui 210 miliardi di euro. Il rapporto certifica come negli ultimi 40 anni 1/3 del valore dei danni provocati da eventi estremi nella Ue sia stato ‘pagato’ dall’Italia. Per Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative, “parliamo di 42,8 miliardi solo dal 2017 al 2022. Nel 2022 è costato quasi 1% di Pil, lo 0,9% per l’esattezza, pari a 17 miliardi circa: un importo poco inferiore a una manovra finanziaria”.

“Ben 1 Pmi su 4 – aggiunge Gardini – sono minacciate, perché localizzate in comuni a rischio frane e alluvioni e presentano una probabilità di fallire del 4,8% più alta di quella delle altre imprese una volta che si sia verificato l’evento avverso”. Allo stesso modo queste imprese realizzerebbero un risultato economico inferiore del 4,2% e una dimensione d’impresa, in termini di addetti, anch’essa inferiore alle imprese localizzate in territori non esposti a rischi di frane e alluvioni. L’agricoltura è il settore più colpito: solo nel 2022 sono stati persi circa 900 milioni. Per Gardini “l’andamento dell’economia agricola nel 2022 ha registrato un calo della produzione dell’1,5%, poco meno di 900 milioni di euro”. Buona parte del risultato negativo è da imputare alla siccità. Quasi tutte le tipologie di coltivazioni hanno subito un duro contraccolpo: la produzione di legumi (-17,5%), l’olio di oliva (-14,6%), i cereali (-13,2%). In flessione anche ortaggi (-3,2%), piante industriali (-1,4%) e vino (-0,8%). Il comparto zootecnico ha subito una riduzione della produzione pari allo 0,6%. Dal punto di vista territoriale, la flessione del volume di produzione ha avuto una maggiore incidenza nel Nord Ovest (-3,5%) e nel Sud (-3,0%), mentre al Centro non si è registrata alcuna variazione. Se si guarda al valore aggiunto, la tendenza negativa appare particolarmente evidente nel Nordovest, con un -7,6%. Al Sud il valore aggiunto si riduce del 2,9%.

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