Tremila detenuti palestinesi in cambio della liberazione degli ostaggi israeliani. Questa, secondo fonti egiziane, la nuova richiesta avanzata da Hamas nell’ambito dei colloqui con i mediatori svoltisi al Cairo e che hanno registrato “progressi”. Se resta la cautela, molte fonti hanno tuttavia indicato che i negoziati si stanno indirizzando verso il binario giusto per il rilascio dei rapiti e una possibile tregua a Gaza. Ora il timone dei negoziati passa dal Cairo – dove da giorni è presente il leader di Hamas Ismail Haniyeh – a Parigi. Nella capitale francese da venerdì si svolgeranno trattative guidate dal direttore della Cia William Burns insieme all’Egitto e al Qatar con il probabile arrivo dei capi del Mossad, David Barnea, e dello Shin Bet, Ronen Bar. L’inviato della Casa Bianca Brett McGurk – che si trova in missione in Israele – ha informato il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant che, secondo le stime degli Usa, “ci sono progressi nei negoziati”. La richiesta dei tremila detenuti palestinesi – secondo le fonti egiziane raccolte dal Wall Street Journal – è un numero ridotto rispetto alle pretese delle scorse settimane della fazione islamica che gelarono la trattativa. Hamas però – e questo è un ulteriore nodo – ha insistito che siano inclusi i detenuti palestinesi che scontano in Israele lunghe pene. Un gruppo che comprende detenuti sottoposti a regimi di massima sicurezza condannati anche all’ergastolo. Inoltre, sempre secondo le fonti riportate dal Wsj, l’avvio della potenziale tregua iniziale di 6 settimane farebbe scattare i negoziati sul cessate il fuoco permanente nella Striscia e solo se questo si concretizzasse Hamas completerebbe il rilascio di tutti gli ostaggi israeliani. Una tempistica questa già respinta da Israele, che ora però deve decidere le prossime mosse sulla base dei nuovi progressi nella posizione della fazione islamica. Gallant ha risposto all’invito di McGurk a Parigi sostenendo che Israele “amplierà l’autorità data ai negoziatori di ostaggi”. Al tempo stesso, ha precisato, “l’esercito sta preparando la continuazione delle intense operazioni di terra” nella Striscia perché l’importante è “smantellare i restanti battaglioni di Hamas nel centro e nel sud della Striscia”. Un evidente richiamo all’annunciata operazione di terra a Rafah, la città più a sud di Gaza dove sono raccolti centinaia di migliaia di sfollati palestinesi. Mentre i Paesi del G20 dal Brasile si sono espressi per “l’apertura immediata di un accesso umanitario a Gaza che porti ad un cessate il fuoco”. Al 139esimo giorno di guerra, l’Idf ha continuato le operazioni sia a Gaza City sia nel sud dell’enclave palestinese, soprattutto a Khan Yunis. Secondo l’Ap – che cita funzionari sanitari della Striscia – raid israeliani “hanno ucciso nella notte almeno 48 persone nel sud e nel centro di Gaza, metà delle quali donne e bambini”. I morti in totale – secondo Hamas che non distingue tra civili e miliziani – sono quasi 30mila. L’esercito ha però lasciato l’ospedale Nasser di Khan Yunis, dove nei giorni scorsi sono stati trovati farmaci con i nomi degli ostaggi. Un attentato palestinese in Cisgiordania ha ucciso un israeliano e ferito altre 11 persone, tra cui una donna incinta. I tre autori sono stati uccisi da un agente di polizia. E lo scontro non si ferma neanche con gli Hezbollah libanesi: anche oggi sono proseguiti i lanci da oltre confine e i raid israeliani.