Tra i titoli scelti dai quotidiani di oggi colpisce uno in particolare. Conte: “L’appetito vien mangiando: battuta la premier, ora l’Abruzzo”.
Ma titoli a parte la narrazione all’indomani della sconfitta del centrodestra in Sardegna appare fantasiosa, goffa, forzata.
Come al solito, dopo ogni tornata elettorale, si tenta una lettura politica che, spostata dal locale al nazionale non ha credibilità. Naturalmente vale anche il contrario.
Si tratta di normali schermaglie post e pre-elettorali, tra leader in cerca di visibilità e schieramenti tutt’altro che solidi.
Così, ad esempio, è il caso del blocco Pd-M5S. Perché se è vero che l’alleanza Meloni-Salvini-Tajani scricchiola a giorni alterni, è altrettanto vero che Conte e Schlein hanno più divergenze che punti in comune. Appena un mese fa si attaccavano a vicenda, come riportava l’Agi (1 febbraio 2024) Schlein a Conte: “Basta attacchi”. M5s: “Il confronto non è un litigio”. O, ancora, La Stampa (1 febbraio 2024) Schlein e Conte, le distanze incolmabili di due leader al bivio. E l’Ansa (31 gennaio 2024) Schlein, Conte? non accetto mistificazioni, sbaglia strada. E così via.
Dunque di alleanza elettorale si tratterebbe, e, si sa, le alleanze “solo” elettorali, sono un grosso rischio per chi le stringe. Quando l’allora ministro dei Beni Culturali, nonché tra i capoccioni del PD Dario Franceschini tuonava: “Con M5s è finita. Ora un’alleanza larga in nome di Draghi” (HuffPost, 22 luglio 2022) intendeva mettere un confine “tra chi ha difeso Draghi e chi invece ha buttato tutto a mare”.
Tornando alla Sardegna, invito i commentatori a studiare l’andamento delle elezioni sull’isola dal 1949 a oggi, passando per 30 anni ininterrotti di governo regionale DC (fino al 27 novembre 1980); dalla riforma introdotta dalla nuova legge costituzionale del 1999, che modifica il sistema elettorale nelle regioni a Statuto speciale, con il Presidente della Regione eletto direttamente dal corpo elettorale; dall’alternanza (dal 2004) di due governi di centrodestra e due di centrosinistra, nell’ordine: Soru, Cappellacci, Pigliaru, Solinas. E di nuovo centrosinistra, da oggi, con Todde.
Un’altra curiosità: Soru (Progetto Sardegna e Partito Democratico) viene eletto il 26 giugno 2004, quando è in carica il governo Berlusconi II; Ugo Cappellacci (Il Popolo delle Libertà) viene eletto il 27 febbraio 2009, mentre nel Paese c’è il governo Berlusconi IV; Francesco Pigliaru (Partito Democratico) viene eletto il 12 marzo 2014, con Renzi a capo del governo; Christian Solinas (Partito Sardo d’Azione), eletto il 20 marzo 2019, con il primo governo Conte.
Questo per dire cosa? Che il voto regionale può risentire o meno dell’influenza esercitata dalla politica nazionale. E che non è traducibile in una proiezione su scala più ampia. Figurarsi, poi, come qualcuno maldestramente sta sostenendo, se possa essere indicativo per le prossime Europee.
Giusto per dirla alla Conte: l’appetito (politico) è una cosa, l’apparato digerente (elettorato) è un’altra, e non sempre si trovano d’accordo.