E’ che ogni elezioni ha una sua storia, un pacchetto di motivazioni condivisibili o meno ma che riguardano un preciso contesto, geografico ed elettorale. Chi pensava che “il campo largo” di Schlein e Conte si potesse applicare ad ogni situazione, era ingenuo o era un sciocco.
Lo avevamo scritto anche il 27 febbraio scorso, all’indomani dello spoglio in Sardegna, quando i sorrisi esagerati e le espressioni trionfanti dei leader di Pd e 5S volevano comunicare ottimismo a tutti i costi. “Il vento sta cambiando”, dicevano, al grido di battaglia: “Adesso ci prendiamo l’Abruzzo”.
Ogni elezione ha una storia a sé. Allo stesso modo nessun umano dotato di un minimo di buon senso potrà pensare che l’Abruzzo possa essere indicativo per le Europee. Non poteva esserlo la Sardegna, non può esserlo l’Abruzzo e nessun’altra consultazione elettorale locale.
Ogni schieramento difetta di comunicazione: troppa o troppo poca. Sono lontani i tempi in cui ogni parola veniva pesata e misurata prima di essere data in pasto all’informazione. Oggi, è vero, ci sono i social che hanno rotto gli argini ma hanno anche contribuito a ridurre ai minimi termini la qualità della comunicazione politica. Che è più un continuo “facimm’ammuina” piuttosto che una produzione studiata e ponderata di contenuti e di messaggi. Il risultato è una narrazione farlocca che fa presa troppo spesso sugli individui sprovveduti e su quelli facili all’esaltazione. Il tutto, poi, si riversa sui social che da agorà virtuale diventano pattumiera globale.