Aung San Suu Kyi, la leader democratica birmana Nobel per la pace nel 1991, detenuta sin da quando il suo governo venne rovesciato con un colpo di stato militare nel 2021, è stata trasferita dal carcere, andrà ai domiciliari, ma non si sa bene dove. A quanto pare, si tratta di una misura adottata a causa di una forte ondata di calore che ha investito la Birmania. “Dato che il clima è estremamente caldo, non solo per Aung San Suu Kyi (ma) per tutti coloro che necessitano delle precauzioni necessarie, stiamo lavorando per proteggere in particolare i prigionieri più anziani dai colpi di calore”, ha affermato il portavoce della giunta militare al potere, il generale Zaw Min Tun. Secondo diverse fonti, anche l’ex presidente Win Myint, che ha 72 anni, dovrebbe esser stato trasferito. Il generale Zaw Min Tun non ha però precisato dove. Suu Kyi ha 78 anni e da tempo ha problemi di salute. Per un totale di 15 anni è stata tenuta agli arresti domiciliari anche sotto la precedente giunta. Allora venne confinata nella antica residenza della sua famiglia in stile coloniale, sul lago Inya di Yangon. Si tratta di una villa famosa quasi quanto la stessa Aung San Suu Kyi: proprio lì, infatti, nel 1988 iniziò la sua lunga campagna per la democrazia, utilizzandola anche come sede del suo partito, la Lega Nazionale per la Democrazia. E mentre vi era detenuta, da lì teneva discorsi appassionati alla folla di sostenitori radunata oltre i cancelli di ferro della proprietà. Anche per questo è molto improbabile che verrà traferita lì. Secondo alcuni oppositori, il trasferimento sarebbe stato disposto dalla giunta al potere per cercare di apparire meno severa. Proprio oggi è stato infatti anche annunciato che 3.300 detenuti saranno liberati nell’ambito di un’amnistia per celebrare la festa del nuovo anno birmano. Ma è pur vero che la temperatura nella capitale Naypyidaw, dove si ritiene che Suu Kyi sia detenuta, raggiungerà i 41 gradi nei prossimi giorni e dovrebbe ancora aumentare la prossima settimana. Attualmente, la “Signora”, che ha guidato il Paese dal 2015 per oltre cinque anni, sta scontando i 19 reati per i quali e’ stata condannata, tra cui la sedizione, la violazione delle restrizioni per il Covid, e il possesso illegale di walkie-talkie e le rimangono altri 27 anni da scontare e altri capi di imputazione. Molti governi in tutto il mondo, oltre a Unione Europea e Nazioni Unite, hanno chiesto il suo rilascio incondizionato e hanno imposto sanzioni contro la giunta al potere in Birmania, ma finora non hanno ottenuto granché. Neanche sui procedimenti dei processi a suo carico, a cui i media o gli osservatori non possono accedere.