L’economia globale è destinata a ridursi in media del 19% entro il 2049 a causa della crisi climatica in corso, ma con evidenti disparità tra Paesi più e meno ricchi: a soffrire di più saranno quelli a basso reddito e con basse emissioni storiche di inquinanti, che subiranno una perdita di reddito maggiore del 61% rispetto a quelli a reddito più elevato e maggiore del 40% rispetto ai Paesi con emissioni più alte. È la proiezione, pubblicata sulla rivista Nature, ricavata da un modello messo a punto dall’Istituto tedesco di Potsdam per la Ricerca sull’Impatto Climatico. I ricercatori hanno utilizzato dati locali su temperature e precipitazioni provenienti da oltre 1.600 regioni del mondo, in combinazione con dati sul clima e sul reddito degli ultimi 40 anni e proiezioni climatiche. “L’Europa, anche se meno colpita rispetto a Paesi più poveri e che hanno contribuito meno alle emissioni di gas serra, è un’area caratterizzata da una forte diversità”, dice all’ANSA Francesco Lamperti, dell’Istituto di Economia della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa: “L’Europa mediterranea – osserva – subirà un impatto maggiore rispetto a quella continentale, e questo perché l’area mediterranea è considerata un hotspot per il cambiamento climatico, dove i suoi effetti si fanno sentire in maniera più pronunciata”. I risultati ottenuti dai ricercatori coordinati da Leonie Wenz indicano che l’economia mondiale registrerà una riduzione del reddito del 19% circa entro il 2049 rispetto a uno scenario in cui è assente il cambiamento climatico: un danno che è già sei volte superiore rispetto ai costi associati alla riduzione e mitigazione del riscaldamento globale come stabilito dall’Accordo sul clima di Parigi. “Il pregio di questo studio è che dimostra che le conseguenze della crisi climatica arriveranno già nel 2050, quindi non in un futuro remoto. Inoltre – aggiunge Lamperti – la stima è indipendente dalle politiche di riduzione delle emissioni che potranno essere introdotte, il calo del reddito si verificherà in qualsiasi scenario, e ciò sottolinea l’urgenza di trovare politiche di adattamento, spesso lasciate in disparte nel dibattito pubblico”. Il modello indica che le perdite economiche riguarderanno tutte le aree del globo, con l’eccezione di quelle a latitudini elevate, come Alaska, Groenlandia, Scandinavia e Russia settentrionali, dove le temperature più alte avranno invece un effetto positivo sul reddito. Il danno è attribuito principalmente alle variazioni di temperatura e precipitazioni, ma gli autori dello studio suggeriscono che, prendendo in considerazione altre variabili climatiche, la riduzione economica potrebbe essere più marcata. “Si tratta di stime conservative”, evidenzia Lamperti: “è probabile che i danni saranno maggiori a causa della presenza di altri fattori, come l’innalzamento del livello dei mari o eventi estremi non presi in considerazione legati ai fenomeni climatici El Niño e La Niña”.