Il ticket d’ingresso a Venezia come un “fallimento clamoroso”. Il consigliere comunale Giovanni Andrea Martini, capogruppo della lista “Tutta la città insieme”, arriva subito al punto dopo aver preso parola nel corso di una conferenza stampa a Palazzo Grazioli, nella sede dell’Associazione della Stampa Estera a Roma, convocata proprio per parlare dei primi risultati del contributo d’accesso alla città – cinque euro – introdotto lo scorso aprile come sperimentazione. Una misura che, a suo dire, non frena il turismo di massa, anzi, e che sarebbe stata attuata “per scongiurare che Venezia fosse posta nella lista nera dell’Unesco”. Gli arrivi registrati, sottolinea, “sono numericamente superiori rispetto ad anni precedenti”. Guardando ai dati disponibili, soltanto ieri, 19 maggio, Venezia ha visto “70mila ingressi”, mentre “il 23 aprile dello scorso anno erano 66mila” e “il 2 giugno 2023, giornata di festa nazionale, erano 65mila”, puntualizza Martini che parla di una città “allo sbando”. Un luogo che sarebbe stato utilizzato, secondo le sue parole, “solo per fare cassa”. Come ribadito più volte nel corso dell’incontro con la stampa estera, Venezia rappresenterebbe l’emblema della città aperta, ma che oggi si ritrova a essere “chiusa per la volontà politica di un’amministrazione che con questa misura porta a casa un po’ di denaro”. Ma che non salva, per il consigliere d’opposizione, “l’anima della città”. Da un sondaggio commissionato da Abc, Ambiente Bene Comune, mostrato nel corso della conferenza stampa, con il ticket non sarebbe d’accordo il 79% dei cittadini veneziani. Percentuale che raggiunge quasi il 90% di contrarietà tra i residenti del centro storico. Il problema della città, in base a quanto spiegato anche dagli altri relatori presenti a Palazzo Grazioli, l’esperto di gestione dei flussi e turismo, Franco Migliorini, e il presidente dell’Associazione “Tutta la Città insieme”, Enrico Tonolo, è anche quello della “desertificazione sociale” creata da una “selva di affittanze brevi e alloggi pubblici che non vengono assegnati”. Secondo Martini il problema di “overtourism” esiste per il modo in cui viene raccontato il luogo, e cioè un posto “in cui si vive bene e non c’è nessun problema”. Quando, invece, la situazione sarebbe “drammatica”: dagli “intasamenti nelle calli e nelle corti” che porterebbero a un problema anche di sicurezza alle “code per prendere il vaporetto”. La narrazione, quindi, evidenzia, “è smentita dai fatti”; così come quella “del ticket che gestisce i flussi turistici”. Per cambiare Venezia bisognerebbe, quindi, “permettere alla città di cambiare vita. Si vive abitando le case, gli spazi”. E la soluzione per gestire il turismo di massa dovrebbe essere “a lungo termine”. Si potrebbe pensare, conclude il consigliere, anche a “un numero chiuso con prenotazione gratuita e senza richiesta di dati a salvaguardia della privacy”, oltre al ritorno dei residenti stabili. Questo in una città che conta 49mila cittadini nel centro storico e mediamente il doppio dei turisti che arrivano ogni giorno.