L’abbondanza di contenuti caricati sui social nelle ultime 48 ore non agevola la comunicazione di quanto sta accadendo nei Campi Flegrei. Fuorvianti, ansiogeni, talvolta gonfiati di proposito, i post circolati su X e Tiktok mostrano sia la potenziale ricchezza che i reali limiti di una diffusione non ragionata. Verrebbe da dire: non filtrata.
Anche le istituzioni inciampano, come nel caso del sindaco di Pozzuoli il quale dovendo informare i cittadini sulle necessarie iniziative messe in campo si lascia sfuggire un “siamo tutti preoccupati”, che è uno degli errori più gravi, sebbene frequente, in cui si incorre nell’atto di comunicare l’emergenza, che è quello di far trasparire uno stato emozionale, anziché assicurarsi di fornire indicazioni asettiche oltre che chiare e precise.
Gli utenti sono alla ricerca della “notizia” più recente, ma non si preoccupano di assicurarsi che sia anche quella più attendibile. I rappresentanti di governo e opposizione sono alla ricerca della visibilità ma le dichiarazioni e i commenti che affidano alle agenzie sono inutili, privi di proposte e soluzioni. Il ruolo della comunicazione viene svilito, così come la potenziale forza dei social.
Quello che manca in questo momento, purtroppo, è un Piano. Si sono impiegati 20 anni a scrivere e riscrivere il Piano di evacuazione per l’emergenza Vesuvio, che nel nel 2014, “dopo un lungo percorso di studio e analisi” individuava la nuova zona rossa, mentre la pericolosità dei Campi Flegrei è stata sottovalutata. E adesso è evidente che manca la capacità da parte di tutti gli organismi direttamente coinvolti, di gestire una situazione tanto delicata.

Non viene comunicato nulla perché non è stato fatto nulla. La popolazione attende il summit di oggi a Palazzo Chigi, intanto sta sopportando. Un piano doveva essere approntato tempo fa e comunicato con la massima cura da comunicatori professionisti. Anche l’assenza di un Piano deve essere comunicata, affidando il non facile compito a comunicatori professionisti.

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