di Luca Muratgia.
Il Napoli esce indenne da Torino in una trasferta tradizionalmente ostica che, almeno finora, ha regalato più amarezze che gioie. I partenopei acquisiscono spunti importanti da trarre al cospetto di una partita complicata da qualsiasi punto di vista la si voglia inquadrare. Uno 0-0 da valutare in maniera estremamente positiva se si considera il fattore ambientale, il valore dell’avversario, che è bene ricordarlo, lo scorso campionato è finito 18 punti sopra gli azzurri ed è risultata una delle protagoniste della campagna di rafforzamento estiva con investimenti onerosi ed importanti che si aggirano attorno ai 200 milioni di euro, ma soprattutto perché il Napoli, al netto dei confortanti risultati, è parso, finora, un cantiere ben lontano dall’essere chiuso.
Ad ergersi a protagonista, alla vigilia del match dello Stadium, è Antonio Conte che osa, proprio in una delle partite maggiormente caratterizzanti l’intero campionato, un cambio modulo, dimostrando, qualora ce ne fosse bisogno, di essere allenatore con gli attributi; difesa che passa a quattro con Rahmani e Buongiorno centrali, Di Lorenzo e Oliveira che tornano nei ruoli a cui erano abituati di esterni bassi rispettivamente di destra e di sinistra, centrocampo che vede l’inserimento dal primo minuto dello scozzese Scott McTominay di fianco ai già collaudati Anguissa e Lobotka con il classico tridente, con il consueto tridente composto da Politano e Kvaratskhelia alle spalle di Lukaku. Il tecnico salentino mostra una capacità ed una cultura calcistica di spessore assoluto, cercando di (parole pronunciate dallo stesso Conte) “cucire l’abito adatto” che, con termini meno metaforici, implica essenzialmente predisporre il modulo più congeniale sia alle caratteristiche tecniche e tattiche dei giocatori, sia alle eventuali alternative pronte a subentrare.
La partita, ad onor del vero, è risultata particolarmente bruttina con ritmi estremamente bassi e con le due compagini che si impegnano più a studiare gli avversari piuttosto che proporre un degno copione offensivo. I segnali incoraggianti giungono dalla fase difensiva; una squadra che, dopo il campionato passato concluso con 48 gol al passivo, contro una delle squadre maggiormente accreditate a contendere il titolo alla squadra da battere (l’Inter), riesce addirittura a non subire un tiro in porta durante l’intero arco del match, oltretutto in trasferta, ha ottimi motivi per ritenersi soddisfatta.
Da contraltare c’è da evidenziare come la fase offensiva abbia inevitabilmente risento delle precauzioni adottate dall’altra parte del campo. Poche azioni importanti contro una difesa, è bene ricordarlo, che nelle prime 5 giornate di campionato, non ha subito neanche un gol. Inoltre i due fuoriclasse azzurri, coloro cioè che avrebbero dovuto creare quel qualcosa in più, necessario per mettere in crisi la retroguardia bianconera, si sono resi protagonisti di una prova particolarmente incolore; Kvaratskhelia non ha inciso, non è mai riuscito a superare l’uomo nell’uno contro uno e, conseguenza inevitabile, non è mai stato capace di creare la superiorità numerica tanto da essere giustamente sostituto da Folorusho a metà del secondo tempo. Lukaku invece è apparso ancora fuori condizione e le due reti, realizzate nelle due ultime giornate contro Parma e Cagliari, hanno fornito uno scenario fuorviante e non veritiero sulle reali condizioni del centravanti belga. Resta, a mente fredda, la percezione che se il Napoli avesse espresso una maggiore velocità dalla trequarti in su, magari avrebbe addirittura potuto pensare al risultato pieno. Tra l’altro con la tenuta difensiva mostrata, se quella punizione di Politano fosse entrata, allo scadere della prima frazione di gioco, difficilmente i bianconeri avrebbero avuto importanti opportunità per pervenire al pareggio. Comunque va bene così, il risultato di parità va benissimo al Napoli, risultato che, pronosticato dopo la prima giornata avrebbe arricchito notevolmente i pochi temerari che ci avrebbero scommesso.