Se Atene piange Sparta non ride. Dinanzi al canto del cigno del centrosinistra concentrato sul dopo De Luca a destra la situazione non brilla. Anzi, sembra quasi che alcuni capipartito sfornino assist a ripetizione al Pd e ai suoi alleati. Ma di cosa è di chi parliamo? Andiamo con ordine. Non è un mistero che Fulvio Martusciello ambisca alla guida della Regione Campania. Lo ribadisce ai suoi fedelissimi da tempo immemore e negli ultimi tempi lo fa capire con una certa insistenza attraverso dichiarazioni roboanti a destra e a manca. Ora prima di addentrarci nel merito del caos interno alla destra campana occorre sottolineare un dato non di poco conto. Può piacere o meno ma Martusciello fa politica da 30 anni. Non ha mai “sbagliato” un’elezione risultando sempre eletto. Anche quando risultò il primo dei non eletti al Sud alle Europee del 2014, Berlusconi si dimise e subentrò al Parlamento Europeo. È un capocorrente influente ed ha un rapporto strettissimo con Antonio Tajani. Una roba di profonda importanza che alcuni suoi compagni di viaggio si sognano. Questa è storia. Ma andiamo avanti.

Da qualche settimana il leader azzurro sta ingaggiando una battaglia di testimonianza che obiettivamente si fatica a comprendere. A prescindere da nomi e strategie si “autocandida” alla carica di governatore della Regione Campania. Ma come? Martusciello fa come De Luca? Si candida a prescindere dalle posizioni del partito nazionale e della coalizione di riferimento? Da che mondo è mondo accade esattamente il contrario. Il candidato governatore in Campania, in Lombardia o in Sicilia si decide a Roma. Si riuniscono i vertici nazionali e decidono tenendo conto della centralità del territorio (consuetudine sempre più rara negli ultimi anni andrò la verità ma la politica funziona così) dei candidati da proporre al tavolo. Altrimenti sapete cosa accade? Si corre il rischio di spianare un’autostrada a chi sostiene che la classe politica campana non conti nulla a tutti i livelli. Relegando la Campania a insignificante provincia dell’impero. Oltretutto la posizione di Martusciello tiene a galla il centrosinistra che in assenza di una valida alternativa, figlia peraltro di un’opposizione pressoché inesistente (non ce ne voglia Zinzi che nonostante l’impegno profuso non poteva reggere da solo il ruolo di anti De Luca), ha tutto il tempo di organizzare la successione dell’ex sindaco di Salerno. Per farla breve il ragionamento è più semplice di quanto di si pensi. Se Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia si riducono a queste beghe a colpi di protagonismo anziché garantire l’alternativa politica in maniera unitaria, il Pd e i suoi alleati almeno per ora non rischiano il fuggi fuggi dei consiglieri in carica. Pure perché si ritroverebbero in un campo ancor più minato dello stesso centrosinistra. Chi vuol capire, capisca. Ma non è tutto. Cosa ne pensano Lega e FdI del metodo Martusciello? La sensazione è che al di là dell’apparente silenzio di questi giorni (oltre a qualche schermaglia passata ma in politica ci sta) non abbiano gradito uscite del genere senza una strategia condivisa. In parole povere ciò che non torna non è l’ambizione di Martusciello, peraltro legittimamente sancita dai numeri, ma il metodo adottato da un politico di esperienza come lui. Che non può non sapere che le fughe in avanti rallentano i processi interni in prossimità di una scadenza elettorale così importante. E producono veti incrociati che vanno contro i desiderata degli alleati. Dunque quello di Martusciello è un vero e proprio harakiri? Un modo maldestro di presentarsi alla guida di una squadra? A voi le risposte.

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