di Luca Muratgia.
Inizio del tour de force con il botto del Napoli che asfalta il Milan in casa propria con un inequivocabile 0-2 lanciando un messaggio chiaro al campionato circa la candidatura nella lotta al titolo che, a questo punto, vede anche gli azzurri tra le eventuali papabili alla vittoria finale, sebbene Antonio Conte continui a predicare calma e umiltà ricordando, a giusta ragione, che è necessario colmare il gap dei 41 punti dalla vetta del campionato scorso.
Ad ogni modo, solo al termine del ciclo terribile che, è bene ricordarlo, è appena iniziato, e che vedrà gli azzurri impegnati in successione con Atalanta al Maradona, l’Inter nuovamente a San Siro, la Roma in casa, il Torino all’Olimpico e la Lazio al Maradona, sarà possibile trarre indicazioni maggiormente attendibili circa le eventuali ambizioni.
Il Napoli comunque nel big match della decima giornata, ha palesato uno spessore che mai fino ad ora era parso tanto evidente; è pur vero che il Milan si è presentato contro gli azzurri con una formazione largamente rimaneggiata, mancando di alcuni elementi imprescindibili come Theo Hermandez, Reijinders squalificati e Pulisic fermato in extremis da una gastroenterite che ne ha limitato l’impiego alla mezz’ora finale. Comunque il Milan, nonostante le assenze, è una squadra che gioca la Champions e che, pertanto, possiede un organico di spessore assoluto; basti pensare che proprio ieri, nella sfida contro o partenopei, i rossoneri, nonostante le assenze, hanno schierato giocatori del calibro di Okafor, Morata, Fofana, Loftus-Cheek, Chukwueze, ed Emerson con una panchina composta da giocatori come Leao, Tomori e lo stesso Pulisic sia pur impiegabile a mezzo servizio, insomma una compagine comunque di tutto rispetto e sicuramente di spessore maggiore rispetto alle rose dell’Empoli e del Lecce, ovvero le ultime due avversarie che hanno creato non pochi grattacapi agli uomini di Conte. Ciò che comunque è emerso dal match di San Siro è che il Napoli ha mostrato grande carattere, grande atteggiamento e tanto spirito di sacrificio, requisiti e qualità imprescindibili per il raggiungimento di qualsivoglia risultato.
Già dalle battute iniziali si è assistito ad un Napoli determinato ad ottenere il risultato pieno e non a caso infatti al quinto minuto una verticalizzazione di Anguissa trova Lukaku che, travolto il malcapitato Pavlovic, fredda Maignan con un rasoterra chirurgico. Subito il gol il Milan si sveglia e mette a dura prova la solidità della difesa azzurra che, al netto di qualche occasione concessa agli avversari (dovute più che altro a qualche sanguinoso errore nell’uscita dal basso), mostra tutta la propria impermeabilità. Proprio allo scadere della prima frazione di gioco sale in cattedra il talento cristallino ed indiscusso di Kvaratskhelia che, ricevuta palla nei pressi dell’out di sinistra, si accentra, scagliando poi un fendente a giro di rara bellezza sul quale però Maignan non sembra esente da responsabilità. Lo 0-2 rappresenta una mazzata enorme per i rossoneri che nel secondo tempo, dopo un gol di testa annullato a Morata per fuorigioco, non riescono mai ad incidere in maniera determinante. Gli ingressi di Leao e del convalescente Pulisic apportano maggiore pericolosità e vivacità alla manovra offensiva dei rossoneri; lo stesso Leao, liberatosi in maniera discutibile di Mazzocchi tasta i riflessi di Meret che interviene sul tiro del portoghese con un prodigioso colpo di reni. Il Napoli tiene e porta a termine l’incontro senza particolari patemi. Da sottolineare le sontuose prove di Oliveira, migliore in campo per la grinta, la determinazione e per l’applicazione, di Anguissa e di Di Lorenzo, tornato sui livelli di spallettiana memoria. Da registrare infine, i notevoli miglioramenti di Gilmur nell’ingrato compito di sostituire un mostro sacro del ruolo come Lobotka; lo scozzese, dopo il balbettante esordio di Empoli e dopo i lievissimi miglioramenti di sabato al Maradona contro il Lecce, ha finalmente fornito una prova di spessore, prendendo il controllo del centrocampo e manifestando una importante predisposizione alla verticalizzazione e a trovare la posizione adatta per ricevere il pallone dai compagni di squadra in difficoltà.