Il Pd al bivio. Un bivio neanche troppo inaspettato per chi conosce la storia del Pd campano, e soprattutto napoletano, degli ultimi 10 anni. Ma partiamo dai fatti. Ieri pomeriggio è arrivato l’ultimatum di Elly Schlein attraverso una videocall coi consiglieri regionali democrat. L’altolà è ben servito. Il voto sul recepimento della legge nazionale che nei fatti spalanca le porte al terzo mandato è in netto contrasto con la linea del partito nazionale. O meglio. Anche le pietre sanno che la segretaria dem ha chiuso a qualsiasi probabilità di una terza ricandidatura di Enzo De Luca alla guida della Regione Campania. E  quindi sa che votata la manovra si ritrova a dover “gestire” un candidato senza il gradimento degli organi dirigenti nazionali. In altre parole non è in discussione il recepimento della legge nazionale ma la ricandidatura di De Luca. Che può avvenire, lo ricordiamo per l’ennesima volta, solo grazie agli effetti del “lodo Zaia”.

Tuttavia il Pd partenopeo sapeva e sa benissimo di trovarsi in una posizione di assoluto imbarazzo. Ma stavolta non può più nascondersi nel silenzio perenne. Del resto basta dare un’occhiata all’assenza di qualsiasi tentativo politico di ampio respiro che si allineasse al diktat in salsa Schlein. Niente di niente. Pure perché il tentativo di introdurre la soglia di sbarramento al 3% produce un ragionamento tanto semplice quanto scontato: le cosiddette “liste fai da te” tanto criticate che sarebbero vicine al governatore obbliga De Luca  a formare liste più competitive a suo sostegno anche a costo di candidare i suoi fedelissimi in partiti più strutturati. Qualcuno ci spieghi per favore dov’è l’ostacolo. Volete vedere che un politico di lungo corso e che governa in totale solitudine (altra verità che il Pd non vuole ingoiare) da 10 anni e che controlla pure le mosche che entrano in ufficio non sia capace di preparare liste elettoralmente strutturate? Onestamente ci appare una possibilità molto remota. Anzi ci viene da ridere. Ma andiamo avanti. La storia prima o poi porta il conto. Il Pd si trova dinanzi al bivio non più rinviabile. Da un lato il gruppo consiliare guidato dal capogruppo Mario Casillo nutre tutta la volontà di sostenere di nuovo l’ex sindaco di Salerno.

Soprattutto in un contesto in cui il 99% delle battaglie politiche è rappresentato dal vulcanico governatore garantendo la “tranquillità” dei consiglieri dem che non hanno bisogno di contraddistinguersi per iniziative politiche legate a rafforzare l’azione di governo. Insomma, ci siamo capiti bene. Per fare un esempio pratico, il dibattito pubblico sulla Campania porta un nome e un cognome: Vincenzo De Luca. Condivisibile o meno ma il governatore campano sta orientando l’attenzione di tutta Italia obbligando l’opinione pubblica a discutere sul terzo mandato, sui fondi Fsc, sull’autonomia differenziata e altri temi che senza di lui difficilmente vedrebbero la luce. Ma dall’altra parte il Pd nazionale è stato chiaro. In parole povere chi sta con De Luca è fuori dal partito. Provate a immaginare per un minuto Casillo, Fiola, Raia e Manfredi espulsi dal Pd. I mister preferenze di Napoli e provincia si ritroverebbero senza partito. Una roba che per tanti motivi non sta in piedi e che non conviene a nessuno. Soprattutto agli esponenti citati poco fa. Ma arriviamo al sodo. Come si è arrivati a questa situazione? Molto semplice. La classe dirigente napoletana non esiste più. La famosa “napolicrazia” è stata sostiuita a sinistra dai signori delle preferenze, dai capetti dei territori che non si rivolgono a chi non la pensa come loro nel tentativo di allargare il raggio d’azione nella società civile ma si limitano a curare la propria rete elettorale. Risultato? Il Pd sui territori si è trasformato in un perenne comitato elettorale il cui unico scopo è il mantenimento del potere. Ma attenzione. La politica è potere e chi non la pensa così non ha mai frequentato l’ambiente politico. Perché da che mondo è mondo per riqualificare un quartiere o per costruire un ospedale occorre potere (oltre alla competenza amministrativa). Che non è una parolaccia. Ma la sensazione è che i big del Pd negli anni si siano solo concentrati alla difesa dell’esistente scordandosi completamente della sfera culturale fatta di militanza, giovani e di battaglie a difesa dei territori. Tant’è vero che in assenza di una classe politica che incida nei processi decisionali interni al Pd, Elly Schlein in Campania è stata ”costretta” ad affidarsi a Sandro Ruotolo, giornalista di fama mondiale ma che non fa delle partite elettorali il suo pane quotidiano.

Ancora una volta la Campania è stata trattata come insignificante provincia dell’impero. Ma se le critiche aiutano il politico a ragionare, così come tentiamo di fare attraverso queste umili righe, è lecito pensare che a causa del Pd, lo stesso Pd non ha mai partorito l’alternativa a De Luca. Né qui e né a Roma.  Mari che vai pesci che trovi.

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