di Luca Muratgia.
Sembrano essere diventati incapaci di vincere gli azzurri di Antonio Conte che all’Olimpico di Roma, trovano il terzo pareggio consecutivo al cospetto però di una grande realtà del calcio italiano. In realtà, più che non saper più vincere, il Napoli sembra improvvisamente diventato carente nella conservazione del risultato partendo da situazioni di vantaggio se è vero, come è vero, che questi tre pareggi sono conseguenza di altrettante rimonte; sembra infatti essere venuta meno proprio la solidità, la cinicità è l’atteggiamento tipico della prima fase della stagione dei partenopei dove sovente, una rete, poi ben conservata, risultava più che sufficiente per ottenere l’intera posta in palio, anzi questo atteggiamento spesso era aspramente criticato da coloro, gli esteti, “quelli dal palato fine”, come ironicamente definiti dallo stesso tecnico salentino, che avrebbero preferito pervenire al risultato attraverso una espressione di gioco più “artistica” e meno autarchica.
Certo, almeno per quanto riguarda la partita di ieri, sussistevano tutte le attenuanti del caso, sia perché la Lazio è veramente forte e che rappresenta una compagine tanto molti degli addetti ai lavori la etichettano come la vera rivelazione del campionato, con un allenatore capace di far esprimere ai propri calciatori grande qualità, sia perché il Napoli si presentava in terra capitolina, con una formazione ampiamente rimaneggiata, dove, ai già infortunati Spinazzola e Oliveira, si è aggiunto in settimana anche David Neres, Infortuni resi ancora più gravosi e difficili da gestire dalla carente campagna acquisti di gennaio. Conte è stato costretto, provando a fare di necessità virtù, ad un cambio di modulo importante, tornando alla difesa a tre ed abbandonando il sistema di gioco (il 4-3-3), consolidatosi ormai dalla partita d’andata contro la Juventus a Torino ed offrendo una chance decisiva a Jack Raspadori che, probabilmente per la prima volta da quando veste la maglia azzurra, è schierato nel suo ruolo preferito. La partita inizia decisamente col botto quando, dopo appena 5 minuti dall’inizio del match, Isakseen, proprio colui che aveva deciso la partita dell’andata, approfittando di un banale errore di Rahmani in uscita, prova la conclusione dalla lunga distanza con la palla che si infila sotto la traversa e dove forse, vista la centralità del tiro, Meret avrebbe potuto performare meglio. Passano appena 8 minuti e sull’asse Lukaku – Raspadori, nasce il pareggio partenopeo, con l’ennesimo assist del centravanti belga e con l’inserimento del piccolo attaccante bolognese che batte sul tempo Provedel a dimostrazione che per esprimere al meglio le proprie qualità, necessità di giocare in quel determinato ruolo.
Non è una partita molto spettacolare soprattutto perché il Napoli, mancando dei due esterni titolari, gli unici a possedere un certo tipo di qualità, risulta inevitabilmente carente nella produzione offensiva. L’illusorio in vantaggio gli azzurri, perviene infatti, all’inizio della seconda frazione di gioco, figlia di un’azione del tutto casuale e culminata con la sfortunata deviazione di Marusic nella propria porta.
È inevitabile che subentrasse, a questo punto, l’idea di portare a Napoli l’intera posta, idea che andava via via rinforzandosi e consolidandosi con il trascorrere dei minuti.
Poi accade che Dia, recuperato in extremis da Baroni e subentrato a Pedro, trovi lo spiraglio per il diagonale che difinisce i termini del risultato finale. Certo, un pareggio a Roma, contro una squadra forte, non è da gettare alle ortiche, ciò che rammarica fino a creare un sentimento di grande delusione è che per la seconda volta nell’arco di quindici giorni, nello stesso stadio e nella stessa porta, il Napoli veda sfumare una vittoria che sembrava ormai conseguita, negli ultimi istanti della partita.